“Bomba” sul diesel: cosa succede dal 5 febbraio
Il 5 febbraio scatta l’embargo europeo sul diesel russo. Paesi come l’Italia, con capacità di raffinazione elevata, possono vedere il loro mercato saccheggiato, con conseguente aumento dei prezzi.
Il prezzo del diesel si prepara a decollare per effetto dell’embargo europeo ai prodotti raffinati russi? L’allerta è al massimo, dato che il 5 febbraio scatterà l’embargo all’importazione di prodotti petroliferi lavorati da Mosca e il mercato sta già interiorizzando i timori di una carenza di disponibilità.
Il diesel è tra gli 1,9 e i 2 euro alle pompe di tutta Italia. E l’embargo promette di far sentire i suoi effetti sul nostro mercato. L’Europa sospenderà l’importazione di prodotti raffinati per un totale di circa un milione di barili al giorno, per il 50% della pregiata quantità di diesel a basso zolfo ad alto potere calorifico.
Uno scenario ampiamente previsto in Europa, dato che già a maggio Rystad Energy, think tank norvegese specializzato in studi strategici di settore, ammoniva sulle carenze di un mercato europeo dipendente dalla Russia. La domanda totale di diesel e gasolio nel Vecchio Continente si posiziona tra i 6 e i 7 milioni di barili al giorno, dunque la domanda potrebbe essere impattata per il 7-8% da un giorno all’altro in caso di bando.
Un problema che si sta per abbattere sul mercato europeo come uno tsunami, come ha scritto su Il Foglio l’ex Ministro dell’Ambiente Alberto Clò.
Su altri fronti l’Europa si tutela sui prodotti raffinati comprandoli dall’India, dal Medio Oriente, dalla Cina, a un costo maggiore. Sul diesel più efficiente invece il collo di bottiglia è stretto. E il mercato italiano, in quest’ottica, sconta i problemi della sua…efficienza! Sì, perché la questione europea del diesel non tocca, in termini di dipendenza, l’Italia: “fino a giugno 2022 la Russia ci forniva soltanto il 5% di gasolio/diesel“, nota Il Gazzettino.
“Da luglio 2022“, inoltre, “la quota è stata completamente azzerata: dalla raffinerie di Putin non è arrivato nemmeno più un barile. D’altronde con i nostri 13 impianti sparsi per la penisola siamo praticamente autonomi: a fronte di un consumo interno di prodotti raffinati pari a 55 milioni di tonnellate, ne raffiniamo quasi 71. E potremmo spingere ancora di più il pedale sull’acceleratore, visto che la capacità produttiva teorica arriva a 88 milioni di tonnellate” e la dipendenza, con la risoluzione del caso-Priolo, è totalmente interrotta. Il diavolo sta nei dettagli: Paesi come la Germania, dipendenti al 30% dal gasolio russo potrebbero orientare su Roma buona parte delle loro offerte di acquisto, creando uno shock alla disponibilità sul mercato interno.
In quest’ottica il problema è, dunque, paneuropeo e vale la problematica sottolineata da Clò: l’Europa non ha una strategia sul petrolio e sul potenziamento della capacità di raffinazione. E questo è pagato dai consumatori in tutto il Vecchio Continente, che hanno subito i danni della grande stangata sul diesel che si ripercuote su trasporti e prezzi dei beni scambiati nell’Ue.